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mercoledì 8 marzo 2017

Cosa imparare dalla memoria teatrale?

Cosa imparare dalla memoria teatrale?

Da un po' di tempo mi domando con insistenza come sia possibile che io riesca a ricordare tutti i copioni dei miei spettacoli pieni di nomi e di connessioni e che dimentichi con la stessa leggerezza cose della vita quotidiana estremamente utili e importanti. A volte mi rispondo che la presunta utilità degli accadimenti quotidiani è più una nostra costruzione mentale che una verità acclarata. Altre volte mi dico che probabilmente è l'età a far strage fra le sinapsi. Fatto sta che la mia memoria sembra essersi fatta molto selettiva, ricordando e dimenticando secondo un suo schema particolare a me ignoto. Proprio per cercare di fare chiarezza mi dico e dico a chi avesse la bontà di leggere, che la memoria teatrale è una memoria complessa fatta di voce, suono, corpo e emozione e che basta che uno di questi elementi manchi o venga semplicemente variato per far crollare l'intera impalcatura. Un esempio tipico è il momento delle prove di uno spettacolo in cui ci si alza dal tavolo in cui si è letto e memorizzato il testo per cominciare ad aggiungere i movimenti. Tutto ciò che avevamo imparato salta, i riferimenti mnemonici non esistono più. Semplicemente dimentichiamo. Sembra quasi che si debba ricominciare tutto daccapo. Eppure, appena quel testo si incolla al gesto, ecco riapparire la memoria indissolubilmente fusa al corpo e alle emozioni. 
Quale morale possiamo ricavare da questo esempio? Che la memoria ti avverte di ciò che è importante nella vita trattenendo ciò che merita di essere trattenuto. Ma ci dice anche che nulla può essere conservato se non in fusione totale con il corpo, l'emozione, la passione e i luoghi. 
Sarebbe bello se tutti ci trasformassimo in veri e propri "Atleti del cuore".