giovedì 9 marzo 2017

Il teatro e la sindrome di Stoccolma

Il teatro e la sindrome di Stoccolma

Nel rapporto tra attore e regista nel corso delle prove di uno spettacolo, si assiste ad esasperazioni relazionali che a volte rischiano di sfuggire di mano. E' necessaria una grande cura del rapporto e della sua evoluzione perché questi si mantengano sempre a livelli accettabili. E' necessario un grande equilibrio. Pur nella necessità di spingere l'elaborazione del personaggio al livello più alto possibile, va sempre ricercata una relazione in cui l'attore si senta libero di trovare dentro di sé le risorse emotive necessarie allo scopo. Ci sono registi che si curano della libertà dell'attore e altri che non lo fanno. Ci sono registi che fanno prevalere la propria esigenza espressiva a quella degli attori. Si sarà capito che io propendo per un rapporto equilibrato di libertà reciproche dove tutti danno e nessuno debba chiedere. Purtroppo non sempre è così e molti registi non disdegnano la possibilità di trasformarsi in guru piuttosto che in maestri che insegnino a fare a meno di loro. Tutto ciò è possibile perché esistono attori che lo permettono e che sono felici di sottomettersi. Legittimamente. Per me rappresentano un mondo che non amo popolato di vittime e carnefici, ma nessuno potrà vietare loro di vivere in una perenne sindrome di Stoccolma. Almeno fino a quando ci sarà pubblico che vorrà vedere i loro spettacoli in un armonioso e straordinario circolo vizioso di sofferenze. 

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