mercoledì 20 settembre 2017
BOB WILSON | Persephone
C'ero anche io (Va bene, ero bruttino). Una trasmissione sullo spettacolo "Persephone" di Bob Wilson.
giovedì 8 giugno 2017
OVIDIO LE METAMORFOSI TEATRO URBANO
TEATRO URBANO A BARCELLONA
Il teatro esce dai suoi luoghi deputati e conquista le città mescolandosi e trasformandosi. Ecco Le Metamorfosi, liberamente tratto da Ovidio.
sabato 29 aprile 2017
Una recensione del romanzo Civico numero 27 di Sandro Dieli, Glifo Edizioni
http://www.apiedipagina.it/civico-numero-27/
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giovedì 9 marzo 2017
Il teatro e la sindrome di Stoccolma
Il teatro e la sindrome di Stoccolma
Nel rapporto tra attore e regista nel corso delle prove di uno spettacolo, si assiste ad esasperazioni relazionali che a volte rischiano di sfuggire di mano. E' necessaria una grande cura del rapporto e della sua evoluzione perché questi si mantengano sempre a livelli accettabili. E' necessario un grande equilibrio. Pur nella necessità di spingere l'elaborazione del personaggio al livello più alto possibile, va sempre ricercata una relazione in cui l'attore si senta libero di trovare dentro di sé le risorse emotive necessarie allo scopo. Ci sono registi che si curano della libertà dell'attore e altri che non lo fanno. Ci sono registi che fanno prevalere la propria esigenza espressiva a quella degli attori. Si sarà capito che io propendo per un rapporto equilibrato di libertà reciproche dove tutti danno e nessuno debba chiedere. Purtroppo non sempre è così e molti registi non disdegnano la possibilità di trasformarsi in guru piuttosto che in maestri che insegnino a fare a meno di loro. Tutto ciò è possibile perché esistono attori che lo permettono e che sono felici di sottomettersi. Legittimamente. Per me rappresentano un mondo che non amo popolato di vittime e carnefici, ma nessuno potrà vietare loro di vivere in una perenne sindrome di Stoccolma. Almeno fino a quando ci sarà pubblico che vorrà vedere i loro spettacoli in un armonioso e straordinario circolo vizioso di sofferenze.
mercoledì 8 marzo 2017
Cosa imparare dalla memoria teatrale?
Cosa imparare dalla memoria teatrale?
Da un po' di tempo mi domando con insistenza come sia possibile che io riesca a ricordare tutti i copioni dei miei spettacoli pieni di nomi e di connessioni e che dimentichi con la stessa leggerezza cose della vita quotidiana estremamente utili e importanti. A volte mi rispondo che la presunta utilità degli accadimenti quotidiani è più una nostra costruzione mentale che una verità acclarata. Altre volte mi dico che probabilmente è l'età a far strage fra le sinapsi. Fatto sta che la mia memoria sembra essersi fatta molto selettiva, ricordando e dimenticando secondo un suo schema particolare a me ignoto. Proprio per cercare di fare chiarezza mi dico e dico a chi avesse la bontà di leggere, che la memoria teatrale è una memoria complessa fatta di voce, suono, corpo e emozione e che basta che uno di questi elementi manchi o venga semplicemente variato per far crollare l'intera impalcatura. Un esempio tipico è il momento delle prove di uno spettacolo in cui ci si alza dal tavolo in cui si è letto e memorizzato il testo per cominciare ad aggiungere i movimenti. Tutto ciò che avevamo imparato salta, i riferimenti mnemonici non esistono più. Semplicemente dimentichiamo. Sembra quasi che si debba ricominciare tutto daccapo. Eppure, appena quel testo si incolla al gesto, ecco riapparire la memoria indissolubilmente fusa al corpo e alle emozioni.
Quale morale possiamo ricavare da questo esempio? Che la memoria ti avverte di ciò che è importante nella vita trattenendo ciò che merita di essere trattenuto. Ma ci dice anche che nulla può essere conservato se non in fusione totale con il corpo, l'emozione, la passione e i luoghi.
Sarebbe bello se tutti ci trasformassimo in veri e propri "Atleti del cuore".
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