L'attore Graziano Piazza (NON) fa "Schifo"
Ieri ho visto uno spettacolo (Teatro alla Guilla di Palermo) che ha venti anni di vita e purtroppo non sembra dimostrarli. Il "purtroppo" è d'obbligo visto l'argomento e visto che si parla di immigrazione. "Purtroppo" nulla sembra essere cambiato in tutto questo tempo.
Il teatro racconta la realtà.
Nel monologo, "Schifo" di Robert Schneider con la regia di Cesare Lievi, chi parla è un immigrato che vende rose come molti altri e che travolge gli interlocutori, il pubblico con un flusso di pensieri e parole che raccontano di lui e del suo rapporto con la Germania in cui vive. Sad, il suo nome, è irregolare, vende rose illegalmente e tutta la sua vita sembra scorrere in un limbo di illegalità dove lui non sembra esistere se non per quelle parole che condivide col pubblico. Le parole sono così importanti per Sad che con i primi soldi guadagnati col commercio di rose, decide di comprare un vocabolario arabo-tedesco. Le parole, dunque, diventano la sostanza dell'uomo, dello spettacolo e della densa aria che si respira nel teatro. Il pubblico trattiene il respiro e si lascia travolgere dal flusso di pensieri. Graziano Piazza, bravissimo, parla con un verosimile accento arabo e verosimile è il suo aspetto. Tanto verosimile da non essere riconosciuto quando all'ingresso del teatro tenta di vendere rose all'ignaro pubblico. Tanto verosimile da essere affrontato da un ragazzo del quartiere che gli intima di andarsene perché nella zona decide lui chi può o non può vendere le rose. Tanto verosimile da dover svelare il travestimento per non rischiare danni fisici. Perché l'immigrato che vende le rose è un po' uno "Schifo" per tutti, adesso come venti anni fa. In questo corto circuito tra realtà e teatro, il pubblico reagisce con sgomento e si domanda finalmente chi faccia veramente schifo. Perché a volte non è "l'altro" a far schifo, ma colui che così maledettamente ti somiglia. E forse quel pezzo di te che non sa venire a patti con il diverso.
Il teatro racconta la realtà.
Nel monologo, "Schifo" di Robert Schneider con la regia di Cesare Lievi, chi parla è un immigrato che vende rose come molti altri e che travolge gli interlocutori, il pubblico con un flusso di pensieri e parole che raccontano di lui e del suo rapporto con la Germania in cui vive. Sad, il suo nome, è irregolare, vende rose illegalmente e tutta la sua vita sembra scorrere in un limbo di illegalità dove lui non sembra esistere se non per quelle parole che condivide col pubblico. Le parole sono così importanti per Sad che con i primi soldi guadagnati col commercio di rose, decide di comprare un vocabolario arabo-tedesco. Le parole, dunque, diventano la sostanza dell'uomo, dello spettacolo e della densa aria che si respira nel teatro. Il pubblico trattiene il respiro e si lascia travolgere dal flusso di pensieri. Graziano Piazza, bravissimo, parla con un verosimile accento arabo e verosimile è il suo aspetto. Tanto verosimile da non essere riconosciuto quando all'ingresso del teatro tenta di vendere rose all'ignaro pubblico. Tanto verosimile da essere affrontato da un ragazzo del quartiere che gli intima di andarsene perché nella zona decide lui chi può o non può vendere le rose. Tanto verosimile da dover svelare il travestimento per non rischiare danni fisici. Perché l'immigrato che vende le rose è un po' uno "Schifo" per tutti, adesso come venti anni fa. In questo corto circuito tra realtà e teatro, il pubblico reagisce con sgomento e si domanda finalmente chi faccia veramente schifo. Perché a volte non è "l'altro" a far schifo, ma colui che così maledettamente ti somiglia. E forse quel pezzo di te che non sa venire a patti con il diverso.
Graziano Piazza e Maddalena Crippa sono in scena dal 3 a 7 marzo al teatro Biondo di Palermo in "Lampedusa Way" scritto e diretto da Lina Prosa.
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