domenica 31 gennaio 2016


Cosa ho imparato da Marcel Marceau? Il teatro loquace.

Nel 1982, al ritorno da una lunga permanenza a Londra durante la quale avevo studiato mimo, mi fermai a Montepulciano per partecipare al seminario che Marcel Marceau teneva nell'ambito del Cantiere d'Arte. Ogni lezione era di 6 ore, 3 ore teoriche e 3 pratiche. Per me era un'occasione unica per mettere in pratica quanto imparato nei corsi londinesi con la mia maestra Anne Dennis. Ero eccitatissimo all'idea di conoscere quel mito assoluto del teatro e del mimo e non vedevo l'ora di cominciare. La prima lezione fu una vera sorpresa. Durante la parte teorica del corso il maestro parlò ininterrottamente per tutte e 3 le ore della lezione senza mai interrompersi e lasciando pochissimo spazio agli allievi. Marceau era magnetico e raccontava una infinità di aneddoti sul teatro e sulla sua vita, non ci si annoiava. Ogni volta così per 12 giorni. Fu allora che scoprii che Marcel Marceau, il grande maestro del mimo, l'uomo che affascinava le platee senza mai aprire bocca, era logorroico. Mi ricordai allora di quel film di Mel Brooks dal titolo "Silent movie", in cui nessuno degli attori parlava simulando un film del cinema muto. Mel Brooks vestiva i panni di un regista alla ricerca di protagonisti della pellicola che avrebbe voluto girare. Su un'auto decappottabile si recava a casa delle star hollywoodiane cercando di strappare loro l'assenso a partecipare alle riprese. Erano solo dei "no", silenziosi dinieghi in cartelli neri bordati secondo lo stile del cinema muto. Di un solo attore si sentì la voce, la sonora risposta negativa, comico stravolgimento dell'assioma per cui nessuno avrebbe dovuto parlare in un "Silent movie". Marcel Marceau pronunciò un secco e forte "no" alla fine di una delle sue fantastiche pantomime di stile che rappresentava un uomo che cammina contro il vento.
Parola e movimento a teatro.
Non fu in quella occasione che mi venne il dubbio, ma certamente un germe nascosto si impadronì di me e lavorò silenzioso (è il caso di dirlo) fino a quando non decisi che anche io avrei parlato in scena. Non si tratta di un argomento da poco. La mia scuola di mimo era rigorosamente fedele alla grammatica e ai dettami teatrali di Decroux. Per lui la parola in scena era una ferita alla purezza del gesto, così come la musica di sottofondo e qualsiasi altro orpello. Marceau, che aveva studiato con Decroux, venne buttato fuori dalla sua scuola quando decise di mettere in scena i suoi spettacoli da solo, riportando il mimo alla pantomima ottocentesca e tradendo tutte le regole imposte dal maestro. Una mondanità inaccettabile per il maestro. Eppure la storia ci ha lasciato l'immagine di Marceau come del più grande mimo mai nato e di Decroux pochi sanno. 
Quando Michele Perriera mi chiese di prendere il ruolo di Pistola nel suo Kean nel 1987, io cominciai a parlare in scena. Michele risvegliò il germe silenzioso della parola inoculato suo malgrado da Marceau e a da allora non smisi più. Gesto e parola si unirono da allora e vissero per sempre felici e contenti

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